A seguito delle mareggiate che hanno colpito le spiagge del Ponente ligure con particolare intensità nella giornata di ieri, il Gruppo Ligure Tartarughe marine (Acquario di Genova, Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente ligure (Arpal) – settori Centro del Mare e Biodiversità, Università di Genova – Distav e Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta) ha effettuato un sopralluogo per verificare la situazione dei nidi attualmente presenti nelle spiagge del Ponente.
Come riportato in una nota ufficiale diffusa nel pomeriggio di oggi, venerdì 27 settembre, dal Gruppo Ligure Tartarughe marine, “dal monitoraggio tramite le telecamere predisposte” – di cui una, ad Alassio, donata dall’azienda Hesa insieme al proprio partner tecnologico Hikvision, inquadra ad alta risoluzione (4K) il corridoio d’uscita che conduce dal nido alla battigia – “e dal sopralluogo, si è evidenziata una riduzione dello strato di sabbia soprastante i nidi, necessario per la protezione delle uova, portato via dalle mareggiate. Gli esperti opereranno per ripristinare la sabbia appena il miglioramento delle condizioni marine lo consentirà”.
Per quanto riguarda nel dettaglio la situazione di Alassio, la nota prosegue sottolineando che “nel nido, giunto al 68° giorno dalla deposizione, il GLIT, affiancato dall’Ass. Delfini del Ponente, ha trovato alcune uova sulla spiaggia che sono state recuperate e sistemate sotto uno strato di sabbia idoneo a favorire il prosieguo dello sviluppo. È stato ispezionato il nido e, senza scavare eccessivamente, è stata individuata una decina di uova integre ad eccezione di due rotte i cui embrioni senza vita presentavano uno sviluppo non ancora completo”.
“Un ringraziamento – prosegue il GLIT – meritano anche i gestori degli stabilimenti balneari in cui le tartarughe hanno nidificato che si sono impegnati a fianco degli esperti per gestire al meglio la difficile situazione. Le mareggiate sono eventi naturali. Ai fini scientifici, anche fenomeni estremi permettono comunque di raccogliere dati per studiare al meglio questo nuovo fenomeno e per valutare le future strategie di conservazione della specie. Da qui la scelta di non intralciare il naturale corso degli eventi, trasferendo le uova in altri siti o in condizioni controllate”.